Condividere il proprio IBAN è una pratica molto comune e, nella maggior parte dei casi, avviene in totale sicurezza poiché il codice IBAN nasce con lo scopo di identificare univocamente un conto corrente per operazioni di accredito come bonifici o pagamenti ricorrenti. Tuttavia, sono molte le persone che si interrogano sui reali rischi di divulgare questo codice, soprattutto nel contesto odierno in cui le frodi bancarie e i tentativi di truffa digitale sono in costante aumento. Comprendere cosa può realmente fare un malintenzionato con il solo IBAN — e quali sono le potenziali vulnerabilità — è essenziale per proteggere i propri risparmi.
Cos’è l’IBAN e come funziona
L’IBAN (International Bank Account Number) è una stringa alfanumerica che serve a identificare in modo standardizzato un conto corrente bancario. Contiene informazioni sulla nazione, la banca e il numero di conto specifico. In Italia, viene spesso richiesto per ricevere bonifici, accrediti di stipendi o altri movimenti bancari legittimi.
Il suo scopo principale è quello di permettere trasferimenti di denaro in sicurezza, evitando errori di accredito. Da solo, il codice IBAN non consente a nessuno di accedere direttamente ai fondi di un conto, né di autorizzare movimenti in uscita senza l’intervento e il consenso del titolare.
I rischi reali: bufale e verità
Una delle paure più diffuse riguarda la possibilità che, conoscendo l’IBAN di una persona, un truffatore possa prelevare denaro senza autorizzazione. In realtà, questa preoccupazione è infondata: solo con il codice IBAN nessun malintenzionato può accedere direttamente ai fondi di un conto e nemmeno autorizzare addebiti senza il consenso esplicito e verificato del titolare. Anche nei casi in cui si tenti la richiesta di addebito diretto (SEPA Direct Debit), la banca richiede sempre una conferma da parte del correntista prima di autorizzare la transazione.
Il rischio quindi di prelievi illeciti dal conto è praticamente nullo se si è fornito solo l’IBAN, tantomeno se accompagnato dal nome e cognome del titolare. L’IBAN, infatti, serve per ricevere denaro: chi lo possiede può soltanto inviare un bonifico verso di esso, un’operazione di fatto sicura per il destinatario.
Come operano i truffatori: il vero pericolo dell’IBAN
Anche se il solo possesso dell’IBAN non permette frodi dirette come la sottrazione di denaro, esistono forme sofisticate di truffa che sfruttano proprio la conoscenza di questo codice, in particolare la cosiddetta truffa dell’IBAN modificato o BEC (Business Email Compromise).
Le modalità tipiche di queste truffe sono:
- Infiltrazioni nelle comunicazioni email: I criminali informatici riescono a entrare nelle caselle email aziendali e studiano le relazioni per individuare rapporti commerciali tra aziende, clienti e fornitori.
- Manipolazione dei dati di pagamento: Quando individuano un pagamento in arrivo, i truffatori inviano una falsa comunicazione (che sembra provenire dal vero interlocutore) chiedendo il pagamento su un IBAN diverso da quello originale, intestato a un complice.
- Addebiti fraudolenti: In contesti molto specifici, i criminali tentano di avviare richieste di addebito diretto, ma senza il consenso formale del titolare la banca non autorizza questi pagamenti non richiesti.
In questo tipo di frodi, la chiave del successo dei truffatori non è l’IBAN in sé, ma la capacità di inserirlo in contesti credibili grazie a manipolazioni informatiche e inganni tramite phishing o social engineering. Le vittime indirizzano inconsapevolmente i propri pagamenti verso conti sbagliati, con perdite che, per alcune aziende, possono superare il mezzo milione di euro.
Consigli pratici per proteggere i propri dati bancari
Sebbene la semplice condivisione dell’IBAN non costituisca un pericolo diretto, è buona norma osservare alcune precauzioni per evitare di esporsi a rischi accessori:
- Fornire l’IBAN solo a soggetti affidabili, come aziende, enti pubblici e partner noti, evitando la pubblicazione su siti web accessibili a chiunque.
- Non completare mai la comunicazione dell’IBAN con informazioni sensibili come password, PIN o credenziali di accesso all’home banking. Il vero rischio nasce dalla combinazione di più dati personali e non dal solo IBAN.
- Verificare sempre le richieste di cambio IBAN ricevute via email o altri mezzi, soprattutto nelle transazioni commerciali. In caso di dubbio, è opportuno telefonare direttamente al partner o al fornitore tramite contatti già noti e sicuri, evitando di rispondere direttamente alla stessa email in cui è stato comunicato il cambio.
- Monitorare frequentemente il proprio conto corrente, in modo da identificare tempestivamente movimenti sospetti e contestarli immediatamente alla banca di riferimento.
- Mantenere aggiornata la sicurezza dei propri sistemi di posta elettronica tramite autenticazione forte, password complesse e la verifica in due passaggi, soprattutto in ambito aziendale.
Un’ulteriore raccomandazione riguarda la diffusione del proprio IBAN in modo associato a nome e cognome. Anche in questo caso, il pericolo di furto diretto dal conto non aumenta drasticamente, ma rendere pubblici più dati insieme può facilitare tentativi di frode, soprattutto se utilizzati per atti di phishing o per creare profili artificiali usati in altre truffe informatiche.
Per i privati che operano sui mercati digitali, come la vendita di beni usati tra privati, lasciare l’IBAN in contesti aperti e non protetti espone a rischi di truffe indirette, come l’utilizzo del proprio numero per attribuire falsi pagamenti o ricevere bonifici legati a attività illecite senza rendersene conto. La prudenza rimane la migliore alleata: se non vi è la reale necessità di diffondere il dato, meglio evitarlo.
Conclusioni e comportamenti consigliati
In sintesi, il solo IBAN non permette a un malintenzionato di sottrarre denaro dal conto corrente. I rischi, seppur remoti, derivano prevalentemente dalle tecniche di ingegneria sociale e dalle frodi che sfruttano la modifica dei dati bancari all’insaputa della vittima nei flussi di pagamento. È fondamentale quindi rimanere sempre vigili, confermare ogni richiesta “anomala” e non fornire mai, assieme all’IBAN, credenziali di accesso, codici di sicurezza o dati personali riservati. Solo il rispetto di queste precauzioni permette di usare l’IBAN con serenità, mantenendo alta la difesa dai rischi digitali più moderni.