L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato questi alimenti cancerogeni: ecco quali sono

Classificazione cancerogena degli alimenti secondo OMS-IARC

Nella classificazione IARC, gli alimenti sono suddivisi in base alla loro probabilità di causare tumori negli esseri umani. In particolare, le carni lavorate (come salumi, wurstel, salsicce, insaccati) sono state inserite nel Gruppo 1, che raccoglie le sostanze per cui sussiste una comprovata evidenza di cancerogenicità. Questo gruppo include anche tabacco, amianto, alcol etilico e radiazioni ultraviolette, sottolineando la gravità del rischio correlato.

La carne rossa non lavorata (manzo, maiale, agnello, montone, capra, cavallo) è stata invece collocata nel Gruppo 2A, quello dei probabili cancerogeni per l’uomo: il suo consumo è associato a un aumento del rischio di tumori, ma le evidenze non sono ancora sufficienti per inserirla tra i cancerogeni certi.

Alimenti e sostanze coinvolte

Le categorie di alimenti coinvolti, secondo le valutazioni OMS-IARC, comprendono principalmente:

  • Carni lavorate: salsicce, wurstel, prosciutti, salami, pancetta, insaccati e ogni prodotto carneo sottoposto a processi di salatura, affumicatura, stagionatura o aggiunta di conservanti chimici (spesso nitriti e nitrati).
  • Carne rossa: tutti i tipi di carne derivata da mammiferi, incluso manzo, maiale, vitello, agnello, montone, capra e cavallo.
  • Oltre alle carni, altri fattori e sostanze sono stati collegati a potenziali rischi cancerogeni nell’ambito nutrizionale:

  • Nitriti e nitrati: conservanti frequentemente utilizzati nei salumi, capaci, in presenza di particolari condizioni, di generare composti nitrosaminici tossici.
  • Aflatossine: tossine prodotte da funghi in alimenti mal conservati (soprattutto cereali e frutta secca), note per la loro elevata tossicità e potenza cancerogena.
  • Acrilamide: sostanza che si forma durante la cottura ad alte temperature di alimenti ricchi di amido come patate, pane e prodotti da forno.
  • Grassi saturi e zuccheri raffinati: pur non essendo classificati come cancerogeni diretti, favoriscono infiammazione cronica e stati metabolici che possono predisporre allo sviluppo tumorale.
  • Meccanismi di azione delle sostanze cancerogene

    Gli alimenti considerati cancerogeni agiscono principalmente attraverso l’introduzione nel corpo di composti in grado di danneggiare il DNA e alterare i processi di crescita cellulare. I nitriti e i nitrati presenti nelle carni lavorate, per esempio, possono trasformarsi in nitrosamine, potenti agenti cancerogeni in condizioni di cottura o conservazione particolari. Le aflatossine sono tra le sostanze chimiche più cancerogene note, e la loro ingestione ripetuta può aumentare significativamente il rischio di tumori epatici. L’acrilamide, prodotta dalla cottura ad alte temperature, è associata a danni neurologici e un possibile aumento del rischio di tumori.

    Le carni lavorate subiscono trattamenti che aumentano il contenuto di conservanti e additivi sintetici, alcuni dei quali sono sospettati di favorire la proliferazione cellulare anomala. I processi di affumicatura e stagionatura possono introdurre idrocarburi policiclici aromatici e altri composti pericolosi.

    Implicazioni per la salute e raccomandazioni dietetiche

    Il rischio di sviluppare tumori legati al consumo di alimenti cancerogeni è influenzato da vari fattori, tra cui la frequenza e la quantità dell’assunzione. Ad esempio, il collegamento tra carni lavorate e tumore del colon-retto è sostenuto da solide evidenze epidemiologiche, sebbene il rischio individuale rimanga basso in assenza di un consumo elevato e prolungato. Tuttavia, la probabilità aumenta con l’aumentare delle dosi e la costanza nel tempo.

    Inoltre, una dieta povera di fibre e ricca di grassi animali, zuccheri raffinati e alimenti ultralavorati favorisce una condizione di infiammazione cronica che può predisporre allo sviluppo di neoplasie. Pertanto, le principali raccomandazioni internazionali suggeriscono:

  • Limitare il consumo di carni lavorate e insaccati, preferendo proteine di origine vegetale e carni fresche non lavorate.
  • Moderare l’assunzione di carne rossa e variarne la tipologia nella dieta.
  • Privilegiare alimenti freschi e poco processati, ricchi di fibre, vitamine e minerali.
  • Evitare la conservazione prolungata e la cottura ad alte temperature di alimenti ricchi di amido.
  • Controllare l’origine e la corretta conservazione dei prodotti alimentari, soprattutto cereali, farine e frutta secca.
  • Focus: gli alimenti ultralavorati

    Un’ulteriore categoria sotto indagine è quella degli alimenti ultralavorati, comprendente snack confezionati, pasti surgelati precotti, bevande gassate, prodotti da forno industriali e dolciumi. Questi prodotti, frequentemente ricchi di grassi saturi, zuccheri raffinati, additivi e aromi artificiali, sono associati a un incremento del rischio oncologico e di altre patologie metaboliche.

    Nel dibattito scientifico contemporaneo, si evidenzia l’importanza di un approccio equilibrato: limitarne il consumo rappresenta una misura precauzionale, anche se non tutti gli alimenti ultralavorati sono cancerogeni in senso stretto. Tuttavia, la presenza di acrilamide, nitriti, aromi, coloranti e conservanti sintetici richiede particolare attenzione nella valutazione del contenuto e della frequenza di assunzione.

    Considerazioni finali sulla prevenzione

    Le revisioni dell’OMS e dell’IARC hanno portato a una maggiore consapevolezza sui rischi correlati ad alcuni alimenti, rafforzando il concetto di prevenzione oncologica attraverso la dieta. Mantenere uno stile alimentare vario, prediligendo alimenti freschi, vegetali, cereali integrali e limitando carni lavorate, insaccati e prodotti ultraprocessati rappresenta una strategia efficace per ridurre il rischio di tumori e promuovere la salute individuale e collettiva.

    La comunicazione del rischio non implica il divieto assoluto di questi alimenti, ma raccomanda la moderazione e la consapevolezza: ogni singola esposizione, come sottolinea l’OMS, non determina automaticamente lo sviluppo della malattia, mentre il consumo ripetuto e elevato nel corso degli anni può innalzare il rischio globale. Integrare l’informazione scientifica nelle proprie abitudini alimentari è fondamentale per tutelare la qualità della vita e la salute a lungo termine.

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